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Com'è noto, le indicazioni nazionali per i Licei Scientifici prevedono al quinto anno la trattazione delle "conoscenze sviluppate nel XX secolo relative a macrocosmo e microcosmo" e includono "il concetto di quanto di luce", "l'ipotesi di Planck", "l'effetto fotoelettrico" e "le teorie e i risultati sperimentali che evidenziano la presenza di livelli energetici discreti nell'atomo".
In questo studio proponiamo un approccio storico alle origini della fisica quantistica basato su una accurata ricostruzione delle scoperte scientifiche in prospettiva didattica, fondato sui documenti originali e, come tale, strettamente legato alla ricerca in storia della fisica.
Il percorso è idealmente strutturato in tre parti.
Nella prima parte, che in questa sede intendiamo approfondire, la nascita della costante di Planck in relazione alla radiazione di corpo nero e l’introduzione dell’"elemento di energia" (h\nu) vengono collegate all'importanza data da Max Planck alla ricerca dell'assoluto, e in particolare alle costanti universali, da lui manifestata fin dal 1899. Einstein, invece, (1905), ignorando Planck e partendo dalla differenza formale tra particella e campo, ipotizzava che anche l’energia luminosa fosse costituita da un numero finito di “quanti di energia indipendenti”, riuscendo così a spiegare tre fenomeni inspiegabili con la fisica classica (l'effetto fotoelettrico, la fotoluminescenza, e la ionizzazione di un gas da luce ultravioletta).
Nella seconda parte mostreremo come l'ipotesi di Planck si sia diffusa a partire dal 1906 portando al Congresso Solvay del 1911, dedicato esclusivamente alle ipotesi quantistiche, fino alla quantizzazione del momento angolare ad opera di J. W. Nicholson nel 1912. Nella terza parte, alla luce di queste premesse, discuteremo come Bohr, partendo da un ragionamento fondato sull'analisi dimensionale, abbia utilizzato la costante di Planck per garantire la stabilità alle strutture atomiche giungendo così al primo modello atomico quantizzato.